Ex asso dell’aviazione, spia internazionale, Vendicatrice, Difensore ed avventuriera spaziale, dopo essere stata esposta ad un macchinario alieno che le ha donato una forza sovrumana, il potere di volare e quello di emettere od assorbire energia,Carol Danvers è...

#4 – Predoni e paladini

di Fabio Furlanetto

 

Queens, New York City

Il Cavaliere Nero è stato a fianco di Carol Danvers nei momenti più disperati, sia quando lei era Miss Marvel e militavano assieme nei Difensori, sia quando era Capitan Marvel e difendeva la Terra dalla mortale minaccia di Thanos. Mai fino ad ora era stato costretto a gettare la spugna.

-D’accordo, io ci rinuncio: è impossibile – ammette, alzando le mani in segno di resa.

-Ti ho detto che posso farcela – risponde Carol Danvers, tentando per l’ennesima volta di costringere il costume di Capitan Marvel a coprire il proprio addome. Le molecole instabili sono abbastanza versatili da poter essere indossate dalla Cosa, ma il ventre di una donna incinta a pochi giorni dal parto sembra essere al di là delle sue capacità.

-E’ ridicolo: se stanno bene a Mister Fantastic quando si allunga...

-Perché le molecole instabili si adattano alla sua struttura molecolare, mentre – cerca di puntualizzare Dane Whitman, subito interrotto dalla moglie.

-Non sono in vena di superscienza, grazie tante – taglia corto Carol. Il costume svanisce con un lampo di luce, lasciando il posto ad un vestito premaman; alla pressione di un pulsante nascosto nel braccialetto che indossa, la donna incinta in abiti civili è sostituita da una Capitan Marvel in piena forma e dalla pancia perfettamente piatta.

-Induttore di immagini, non sai quanto ti adoro. Ci vediamo stasera – dice la donna, baciando il marito sulla fronte corrucciata.

-Sei proprio sicura di voler andare da sola? Posso prendere in prestito un Quinjet.

-E’ solo una commissione. E poi tu devi pensare agli ultimi dettagli dell’ospedale, ricordi? Pensa a che fatica farei a mantenere l’identità segreta se si scoprisse che il bambino è invisibile alla tecnologia – risponde Carol, accarezzando la propria pancia in gran parte invisibile.

-Meno male che abbiamo le conoscenze giuste allo Stark Memorial Hospital. Torna presto.

Capitan Marvel apre la finestra della propria camera da letto, e dopo essersi guardata attorno per assicurarsi di non essere osservata vola verso l’alto troppo rapidamente per l’occhio umano.

 

Dall’altro lato della strada

La casa dei Whitman non è l’unica ad essere stata messa in vendita. Nessuno ha ancora acquistato l’edificio che si trova di fronte alla loro nuova casa, nonostante due donne ci vivano da diversi giorni. Una di esse, una mora dai capelli corti costantemente vestita di nero, è fissa alla finestra con un binocolo tascabile; l’altra, una bionda in appariscenti abiti all’ultima moda, è sdraiata sul letto a guardare la televisione. Fluttuando venti centimetri sopra il letto, per essere precisi, cambiando costantemente canale.

-Vecchio. Vecchio. Noioso. Già visto. Vecchio. Meglio il remake. Già visto.

-Ci siamo. E’ uscita – annuncia la mora, riponendo il binocolo e coprendosi la testa con il cappuccio. La bionda spegne la televisione ed allunga le braccia, sbadigliando.

-Finalmente! Il passato è così noioso. Che devo fare?

-Segui Capitan Marvel ed assicurati che non ti veda. Il che significa niente costume, ovviamente.

-Cosa!? Non è giusto! Perché devi sempre essere tu quella che si diverte?

-Spazio. Adesso – insiste la mora, porgendo un bracciale d’argento alla bionda. Quest’ultima lo indossa, diventando completamente invisibile una volta indossato.

-Tu pensa piuttosto a non farti vedere da papà – sono le ultime parole della donna, prima che esca dalla finestra per inseguire Capitan Marvel verso lo spazio.

La mora sospira, ormai abituata alla mancanza di professionalità di sua sorella. Attiva un induttore di immagini, e la sua tuta nera viene sostituita da una giacca con la scritta F.B.S.A.

-A dire la verità, è esattamente quello che ho intenzione di fare.

 

400 chilometri più in alto

La Stazione Spaziale Internazionale sfreccia nello spazio ad oltre 27.000 km/h. Da essa si è distaccata una capsula, non presente in nessun diario di bordo o rapporto ufficiale.

Non c’è nessun motore a muoverla, solo una donna in costume rosso e blu che dopo aver sorriso per gli astronauti che la osservano dagli oblò spinge la capsula per allontanarla sempre di più dal pianeta.

Quando raggiunge la propria destinazione, la Stazione Spaziale è già sparita oltre l’orizzonte.

-Avete intenzione di farmi aspettare ancora a lungo? – chiede Capitan Marvel tramite il trasmettitore radio incorporato nel proprio casco.

In risposta al suo segnale, una nave spaziale di origine visibilmente extraterrestre rientra nello spazio visivo per qualche istante, giusto il tempo necessario perché Capitan Marvel spinga la capsula all’interno del suo hangar, prima di ridiventare completamente invisibile.

Ufficialmente, nulla di tutto questo è avvenuto.

 

Capitan Marvel si assicura che la capsula sia stabile, mentre un portellone lascia entrare nell’hangar il capitano di questa nave e la sua fidata seconda in comando: un terrestre dai folti baffi castani ed una donna umanoide dal pelo bianco e nero con una coda in tutto simile a quella di una puzzola.

-Corsaro, Hepzibah. Permesso di salire a bordo – li saluta Capitan Marvel.

-Non hai bisogno di chiedere niente, ragazza: per quanto mi riguarda, sei ancora un membro dei Predoni Stellari – risponde Corsaro, stringendole calorosamente la mano.

-Non mi avevi detto di aspettare dei cuccioli – commenta invece Hepzibah, avvicinandosi per annusarla fino a quando Corsaro non la allontana.

-Diamole un po’ di spazio, okay Hepzibah? Ci sarà tempo per chiacchierare: adesso abbiamo del lavoro da fare. Quando vuoi siamo pronti, Carol.

-Completamente invisibili ai sensori? Me lo assicuri?

-Non avrei accettato un lavoro come questo se non avessi un dispositivo d’occultamento di prim’ordine. In effetti, meglio farla finita prima che rinsavisca e faccia sparire il carico.

-A dire la verità, Corsaro... – risponde Capitan Marvel, inviando un segnale alla capsula.

Questa si apre rivelando i due passeggeri: Abigail Brand, direttrice dello S.W.O.R.D, ed il suo nuovo agente Genis-Vell, il precedente Capitan Marvel.

-...vi abbiamo chiamato proprio perché dobbiamo farlo sparire.

I due Predoni Stellari trattengono il respiro quando vedono cos’altro c’è all’interno della capsula: una prigione circondata da un campo di forza da cui è possibile vedere il prezioso carico portato a bordo. Il corpo pietrificato di Thanos di Titano.

 

Queens, New York City

Dane Whitman abita da troppo poco tempo in questo quartiere da conoscere tutti i vicini; quando sente suonare il campanello, si immagina una banale conversazione con un qualche tranquillo pensionato. Invece si trova davanti una donna che indossa una giacca dalla scritta F.B.S.A, che non esita a mostrargli un distintivo.

-Dane Whitman? Agente McFly, F.B.S.A. Se non le dispiace, avrei alcune domande da farle.

-Riguarda ancora la mia segnalazione sul “satellite” precipitato? [1] Credevo aveste già risolto tutto quanto.

-Preferirei parlarne all’interno.

Dane le fa segno di entrare, cercando di ricordare se l’ha già vista in passato. Ha qualcosa di familiare, anche se non può esserne sicuro.

Lei si guarda attorno con attenzione; sembra quasi perdersi nei dettagli della casa per qualche istante, prima di ricordarsi di aver tenuto in attesa il padrone di casa.

-Sapevo che si era trasferito da poco, ma credevo fossero già passate settimane.

-Potrei sapere perché è qui, agente McFly, e come fa a sapere di quando mi sono trasferito?

-Riguarda l’appartamento che lei e sua moglie avete lasciato da poco [2], signor Whitman: è stato attaccato da un super-umano non identificato. E’ su questo che sto indagando.

-Oh. Qualcuno è stato ferito?

-Per fortuna no, ma l’aggressore è scappato e stiamo cercando di identificarlo.

-E cosa le fa pensare che io abbia qualcosa a che fare con questo caso? Siamo a New York, gli attacchi di super-umani capitano tutti i giorni no?

-Vero. Ma lei è il nipote del Cavaliere Nero dei Signori del Male, e questa è una foto dell’aggressore – risponde la donna, mostrando a Dane la fotografia di un cellulare: mostra un uomo in armatura nera da cavaliere medievale, armato di spada nera.

-Uhm, sì, posso immaginare il collegamento. Ma non ho mai visto quest’uomo in vita mia.

-Ne è sicuro?

-Non incontro molte persone in armatura armate di spada. Tendo a ricordarmele.

-Che mi dice di sua moglie? Vorrei mostrare anche a lei l’immagine.

-Se Carol avesse incontrato qualcuno del genere, sono certo che me ne avrebbe parlato.

-Le ricordo che lavoro per l’F.B.S.A, signor Whitman. Sappiamo che sua moglie ha avuto ripetuti contatti con super-umani, fin da quando era responsabile della sicurezza a Cape Canaveral. [3]

-Anche se fosse, al momento mia moglie non è qui e non voglio che lei si preoccupi di questioni del genere. Non a pochi giorni dalla nascita del nostro primo figlio.

-Sua moglie è molto più forte di quanto creda, signor Whitman. A giudicare dal suo fascicolo – risponde la donna. Dane conosce troppe persone con un’identità segreta da non aver notato la velocità con cui ha aggiunto la seconda frase.

“Sa che Carol è Capitan Marvel? Era tutto più semplice quando non dovevamo preoccuparci di questo genere di cose” pensa Dane.

-Forse posso aiutarla in un altro modo, però. Immagino che lei sappia che Maria Hill ma ha recentemente offerto di lavorare per l’F.B.S.A, vero?

-Naturalmente – è la risposta. Questa volta il suo tono è più naturale: o sta dicendo la verità, o è più brava a mentire di quanto l’errore precedente poteva far pensare.

-Se lei mi desse altri dettagli su cosa ha scoperto finora, potrei aiutarla con le indagini; lo consideri un modo per convincermi ad aiutare la proposta di lavorare per voi. A meno che non voglia prima contattare Maria Hil...

-Sono certa che non sia il caso di disturbarla – si sbriga a rispondere la donna.

“Certo, perché farebbe saltare la tua copertura vero? Chi è questa donna?” si chiede Dane.

 

Su una navicella in orbita

Capitan Marvel osserva con un certo nervosismo Ch’od, il muscoloso Predone Stellare dalle squame verdi, sollevare la prigione che contiene il corpo di Thanos.

-Stai attento, Ch’od, quel campo di forza è l’unica cosa che ti separi dall’energia emanata da quella statua... qualsiasi cosa tocchi, muore.

-Non mi piace l’idea di condividere la nave con quel mostro. La Terra ha delle astronavi ormai, non potevate occuparvene da soli o chiamare qualcun altro? – chiede Hepzibah.

-Corsaro. Credevo che i termini del nostro accordo fossero chiari a tutti i tuoi sottoposti –  interviene con tono aspro Abigail Brand. Più aspro del solito, per essere precisi.

-Assolutamente, Direttrice. Questo incontro non è mai avvenuto: siamo qui soltanto per incontrare la mia famiglia. [4]

-Bene. E’ nell’interesse strategico della Terra che il cadavere di Thanos non finisca nelle mani di nessuno, e preferisco che il resto dell’universo pensi che sia ancora intrappolato nella prigione di adamantio da cui lo abbiamo tirato fuori.

-Sperando che gettarlo nel buco nero centrale di un’altra galassia basti a metterlo fuori gioco completamente. Trattandosi di Thanos, non ci scommetterei – nota Capitan Marvel.

-Ci sono cose su cui non scommetto, Capitano, ma su cui pretendo tutte le garanzie possibili. E considerando la considerevole cifra pattuita con i Predoni Stellari per la loro collaborazione, vorrei ispezionare personalmente la vostra nave prima della partenza.

-Hepzibah sarà lieta di assisterla – risponde Corsaro con un’occhiata alla compagna di squadra, che l’aliena legge come “così impari a stare zitta”.

-Entusiasta. Mi segua, Direttrice – si offre Hepzibah, replicando a Corsaro con un’occhiata che chiunque può tradurre con “giuro che questa te la faccio pagare”.

Quando il suo ufficiale superiore ha lasciato la stanza, Capitan Marvel apre il casco del costume per rivelare completamente il volto e poi abbracciare Corsaro.

-Non sai quanto mi sei mancata, ragazza; ti vedo in forma smagliante.

-E’ l’induttore di immagini: sono un disastro, senza. Ma è bello rivedervi tutti quanti.

-Se Hepzibah ha ragione, immagino di doverti fare le congratulazioni.

-Sì, manca davvero pochissimo al parto. Avrei voluto avvisarti, ma non sei proprio facilissimo da contattare di questi tempi.

-Sai com’è, gli inconvenienti di fare il pirata spaziale. Mi farebbe comodo un altro membro dell’equipaggio, sai?

-Certi giorni sono tentata, ma questa non mi sembra proprio il posto giusto per crescere un bambino. Anche se tu te la cavi bene con Ch’od – scherza Carol quando nota l’alieno avvicinarsi.

-Promettimi di mandarmi delle foto, gli umani sono adorabili quando escono dall’uovo.

-Credo tu ti confonda con gli Shi’ar, Ch’od – risponde Carol, sopprimendo una risatina.

-Non è colpa mia se sembrate così simili. Raza, vieni qui, ti pare il momento di pensare al carico?

Il cyborg del gruppo si volta lentamente, lasciando solamente Genis-Vell a controllare la stabilità del campo di forza. Sia l’occhio biologico che quello artificiale sono inespressivi e non ha detto una parola da quando Carol è arrivata: tutto nella norma, quindi.

-Danvers – è il suo saluto.

-Raza. Come farebbero questi stakanovisti a divertirsi ogni tanto, senza di te?

-Ho del lavoro da fare – è la laconica risposta. Carol capisce subito che qualcosa non va: Raza è il tipo serio e silenzioso, certo, ma non a questi livelli.

-Qualcosa non va – avverte Genis-Vell, guardandosi attorno.

-Abbiamo Thanos di Titano a bordo, ecco cosa non va – commenta Ch’od.

-No, non è la statua. C’è una persona che sta cercando di nascondersi ai nostri sensi.

-I miei sensori non rilevano niente – dice Raza.

-Ma la mia Coscienza Cosmica sì – conclude Genis, afferrando qualcosa di invisibile a mezz’aria.

Qualcosa che non è più invisibile quando stacca il dispositivo di occultamento dalla cintura di una donna terrestre dai capelli biondi in abiti civili, improvvisamente materializzatasi a bordo.

Quando un secondo dopo la donna si ritrova puntati contro pistole laser, la spada di Raza ed i pugni serrati di Capitan Marvel pronto a scagliare scariche di energia.

-Posso spiegare, davvero. Non sono qui per fare niente di male! – chiarisce la donna, alzando le mani. Le luci dell’hangar si spengono immediatamente, ed il generatore di campo di forza che imprigiona Thanos inizia a scagliare scintille in ogni direzione.

-Okay, lo so che questo è abbastanza sospetto, ma non sono stata io – si scusa la donna.

Giusto in tempo per schivare un pugno di Ch’od ed un fendente di Raza.

 

Queens, New York City

Dane Whitman ormai ha capito che l’agente McFly non è chi dice di essere, e che quest’ultima si è resa conto di aver fatto saltare la propria copertura.

-Sarà meglio che ritorni un’altra volta –  si affretta a scusarsi la donna, allontanandosi verso la porta d’ingresso. Dane l’afferra per un braccio, impedendole di andarsene.

Prima che possa dire qualcosa, però, improvvisamente Dane si ritrova a stringere la Lama d’Ebano, la leggendaria spada del Cavaliere Nero, magicamente apparsa nella sua mano.

Ovviamente non è la prima volta, ma di solito è Dane a chiamare a sé la spada... questa volta non solo non ne aveva intenzione, ma ha anche la netta impressione che sia la lama stessa a chiedere la sua protezione.

L’agente McFly approfitta della sorpresa di Dane per liberarsi; naturalmente anche lei è sorpresa da quello che è appena successo, ma sembra troppo calma perché questa sia la prima volta in cui ha a che fare con una spada magica che agisce di propria volontà.

-Mister Whitman, posso spiegare...

-La Lama d’Ebano. C’è qualcosa in lei, come se fosse spaventata... chi sei? – chiede Dane, stringendo più con forza l’elsa. Con un riverbero mistico, i suoi abiti civili sono istantaneamente sostituiti dall’armatura del Cavaliere Nero.

-Sente qualcosa in te. Chi sei?

-Mister Whit... Cavaliere Nero, ascoltami attentamente: sei in pericolo mortale.

-Non mi piace chi mi minaccia a casa mia – risponde il Cavaliere, muovendo rapidamente la spada per attaccare la donna.

E’ soltanto scena: non ha intenzione di scatenare la maledizione della spada versando del sangue, quindi ha solo intenzione di spaventarla fermando la lama ad un centimetro dal suo naso.

Ma la donna reagisce prontamente, d’istinto, bloccando l’affondo con una spada di energia rossa che improvvisamente si trova tra le sue mani.

-Bei riflessi. Pessimo giudizio, ma ottimi riflessi.

-Non sono qui per combatterti. Ascoltami, l’essere che sto cercando si fa chiamare Ultimo Cavaliere: se la spada ha reagito in quel modo, significa che un erede della Lama d’Ebano è in mortale pericolo.

-Non stai facendo un granché per scagionarti, lo sai vero? L’unico pericolo che vedo sei tu.

-Non dev’essere necessariamente l’attuale erede ad essere in pericolo – chiarisce la donna, ed il volto sotto l’elmo del Cavaliere Nero si riempie immediatamente di preoccupazione.

-Carol e il bambino sono in pericolo?

La donna abbassa la spada d’energia; è chiaro che nessuno dei due brama davvero un duello.

-C’è qualcuno che la protegge. Anche se, visto che la Lama è comunque in allerta, significa che sta facendo un pessimo lavoro... come al suo solito.

 

Su una navicella in orbita

Chiunque sia l’intrusa, è veloce. Non solo è riuscita a schivare i colpi di Ch’od e Raza, ma persino ad anticipare i colpi della pistola laser di Corsaro prima che quest’ultimo prema il grilletto.

Una parte di Capitan Marvel vorrebbe gettarsi nell’azione, ma sa che i Predoni Stellari possono badare a se stessi e la sua esperienza le suggerisce che l’intrusa non sia qui per loro.

La sua priorità è assicurarsi che la statua di Thanos resti bloccata all’interno del campo di forza, e l’ex Vendicatrice infonde persino una parte della propria energia per alimentare quella barriera.

Quando la nave ripristina l’illuminazione dell’hangar, Ch’od ha bloccato l’intrusa alle spalle, stringendola con abbastanza forza da far perdere i sensi ad un normale essere umano.

-Credevi davvero che non ti avremmo scoperto?

-Toglimi le mani di dosso – risponde lei, muovendo di scatto la testa all’indietro. Ch’od è abbastanza alto da essere colpito allo sterno, e molla immediatamente la presa ritrovandosi senza fiato. L’intrusa lo spinge con una mano, ed il fatto che questa semplice azione scaraventi un essere della sua stazza dall’altra parte dell’hangar suggerisce che lei è tutt’altro che una normale umana.

-Okay, chi è il prossimo!? – chiede lei, sprezzante e pronta all’azione.

-Genis-Vell! Che cosa gli hai fatto, maledetta? – inveisce Raza, concentrando la propria attenzione sul mezzo Kree, che giace a terra privo di sensi.

-Cosa? Io non ho fatto niente! Datevi tutti una calmata! – chiede l’intrusa, ma Capitan Marvel non la ascolta: ora che la statua è in sicurezza, è ora di pensare a chi ha appena ferito un suo amico.

Data la facilità con cui l’intrusa si è liberata di Ch’od, Capitan Marvel sa di poter usare le maniere forti. Afferra l’intrusa per i polsi e vola verso una delle paratie, sbattendola con forza contro la superficie metallica.

-Chi sei? Perché ci stavi spiando e perché ci hai attaccato? – chiede con tono accusatorio. L’intrusa sta cercando di liberarsi: è forte quanto lei, ma non ha intenzione di concederle nessuna possibilità.

-Non vi ho attaccato! C’è qualcuno che vuole farti del male e sono qui per fermarlo!

-Hai un modo strano per farlo. Cosa hai fatto a Genis?

-Niente, davvero! La stai prendendo nel modo sbagliato, Car... Capitano!

-Dimmi chi sei e forse starò a sentire quello che hai da dire.

-Capitano, questo non è il posto migliore per questa discussione: abbiamo delle celle d’isolamento a bordo, lontano da Thanos – suggerisce Corsaro.

-Sei stato tu a colpire Genis, vero? Mentre le luci erano spente! – accusa l’intrusa, dimostrandosi più forte di quanto Carol credesse quando riesce a liberarsi dalla sua stretta.

L’intrusa vola verso Corsaro, ma riesce a percorrere solo un paio di metri prima che Capitan Marvel l’afferri per una caviglia.

-Ne ho già abbastanza di te – le dice, roteando su se stessa per aumentare la velocità quando la scaraventa al di fuori dalla nave, passando attraverso la paratia. Un campo di forza si attiva immediatamente, impedendo all’aria della nave di perdersi nello spazio, ma non può fermare Capitan Marvel.

 

La misteriosa intrusa è disorientata dall’attacco, ma non dal trovarsi improvvisamente nel vuoto dello spazio. Sta trattenendo il respiro, ma a parte questo sembra a proprio agio.

Quando vede Capitan Marvel volare verso di lei alza le braccia e prova a dire qualcosa, ma ovviamente senza un trasmettitore radio non ha speranze di comunicare.

Incassa il primo gancio destro di Capitan Marvel, decidendo di non volerne assaggiare un secondo. Schiva un paio di coli ed una scarica energetica, volando via zig-zagando per poterla mettere in difficoltà, ma la sua esperienza in battaglie spaziali non sembra essere all’altezza dell’avversaria.

Capitan Marvel riesce a raggiungerla e a colpirla in pieno con una scarica estremamente dolorosa, per poi caricare a testa bassa per finire lo scontro in un corpo-a-corpo.

Il tempo per le strategie è finito: entrambe le donne sono ormai decise a mettere al tappeto l’avversaria. Capitan Marvel incassa un paio di pugni, ed in circostanze normali riuscirebbe a sconfiggerla abbastanza facilmente; ma normalmente non risentirebbe più di tanto del pugno ricevuto al ventre, mentre ora si piega in due dal dolore.

L’avversaria ha una chiara apertura per il colpo di grazia, ma il suo volto si copre di terrore non appena si rende conto di che cosa ha appena fatto. Sembra quasi che stia cercando di scusarsi, muovendo le labbra senza emettere alcun suono.

Capitan Marvel si chiede nuovamente chi sia questa donna, prima che lo scontro sia concluso definitivamente da un colpo di energia proveniente dalla nave.

-<Così impari a provare a sabotare la mia nave. Tutto a posto, Carol?> - chiede Corsaro, che Capitan Marvel può sentire tramite il trasmettitore nel casco del proprio costume.

-<Non esattamente. Il teletrasporto funziona? Non sono certa di poter salire a bordo da sola>

-<Sei ferita? Credevo di aver colpito soltanto l’altra>

-<No, non è quello. E’ che mi si sono rotte le acque>

 

Infermeria

Abigail Brand osserva le due persone sui lettini medici. L’uomo è Genis-Vell, il suo più recente collaboratore, e la donna dai capelli biondi è un completo mistero.

-Ogni volta che passiamo dalla Terra incontriamo gente stramba. La conosci? – chiede Hepzibah.

-Mai vista. E non riconosco la tecnologia che ha usato per rendersi invisibile ai vostri sensori.

-Ai nostri sensori? – ripeti Hepzibah, indispettita.

-E’ stato uno dei miei uomini ad identificarla, se te ne sei scordata.

-Chiunque sia, è tosta. Mi avrebbe steso senza problemi se non ci avesse pensato Carol – ricorda Ch’od, che si è offerto di occuparsi personalmente della prigioniera.

-A proposito di Danvers, quando possiamo riportarla sulla Terra? – chiede la Direttrice Brand.

Muove a malapena un passo verso la stanza dove si trova Carol, quando il meno umanoide dell’equipaggio le vola direttamente sotto il naso.

[Spostare la paziente, nelle sue condizioni? Sapete niente di medicina, sulla Terra?

]

L’alieno che ha parlato assomiglia ad un incrocio tra una libellula ed un elicottero, che ha dato a Corsaro l’idea per il nome utilizzato dai Predoni Stellari al posto del suo impronunciabile nome di battesimo.

-Sikorsky, non vi lascerò partire in missione per liberarvi di Thanos mentre a bordo c’è una partoriente – chiarisce Abigail Brand.

[Corsaro è della tua stessa idea: la partenza è rimandata. Ma se si tratta di questioni mediche sono io a comandare, qui, e Carol non lascerò la nave finché non avrà partorito]

-Posso almeno parlare con lei?

[Carol insiste perché contattiamo un certo Dane Whitman. Vuole assolutamente che sia presente durante il parto, e dato che non sono certo possa rimandare a lungo...]

-Datemi accesso ai sistemi di comunicazione della nave e vedrò di farlo senza rivelare la nostra posizione. Se ve lo siete dimenticato, questa è ancora una missione top secret.

Sikorsky batte le ali ad elica nell’equivalente per la sua razza di un’alzata di spalle, volando verso la porta che si apre e si chiude rapidamente al suo passaggio.

 

All’interno, Carol è sdraiata sul lettino. Ha disattivato l’induttore di immagini e sostituito gli abiti civili che indossava con qualcosa che ricorda molto un camice d’ospedale.

I suoi respiri sono difficili e ravvicinati. Sikorky atterra sulla sua pancia; se non lo conoscesse da anni, la sensazione delle sue zampe sul ventre la farebbe raccapricciare.

-Non è troppo presto per le contrazioni? Non è stato quel pugno, vero? – chiede con ansia Carol.

[Tranquilla. Il colpo è stato completamente assorbito dal tuo corpo senza subire o trasmettere danni. In quanto alla velocità del travaglio, è più vicino a quanto mi sarei aspettato da una femmina Kree che da una femmina terrestre, e considerata la tua cartella clinica era prevedibile]

-Quindi quanto ci vorrà ancora?

 [Un tipico parto Kree può durare pochi minuti, ma nel tuo caso potrebbe essere necessario più tempo trattandosi di un parto gemellare]

-Che cosa!?

[Sembri sorpresa. Non ti sei informata sulla letteratura medica Kree?]

-Non sapevo fossero gemelli! C’è qualcosa in me che blocca tutti gli strumenti medici.

[Effetto della capacità del tuo corpo di assorbire energia, probabilmente. Ma le mie abilità empatiche rilevano chiaramente due... hmm. Questo non va bene] – cambia argomento Sikorsky, tastando ripetutamente il ventre con una delle sue zampe.

-Cosa? Cosa c’è che non va?

 [La posizione del cordone ombelicale non è ideale per un parto naturale. Preparo la strumentazione per un’estrazione chirurgica] – avverte Sikorsky, volando verso un’attrezzatura medica futuristica per gli standard terrestri.

-Un parto cesareo? E’ proprio necessario?

[Non ne avrei parlato se non lo fosse. Non avevo detto a tutti di andarsene?] – chiede, rivolgendosi al Predone Stellare che è appena entrato nell’infermeria.

-Tutti se ne sono andati, sì. Tranne me – risponde Raza, attivando il blocco di sicurezza della porta.

-Apprezzo il supporto, Raza, ma non sei lo spadaccino che voglio presente in un momento come questo – risponde Carol. Il suo sorriso sparisce quando Raza estrae la spada.

-Non uno spadaccino. Un Cavaliere – aggiunge Raza, afferrando Sikorsky per la coda e sbattendolo violentemente contro il muro.

Carol vorrebbe scattare in piedi, ma è più semplice a dirsi che a farsi nel suo stato: le contrazioni si stanno già facendo più ravvicinate. E mentre Raza si avvicina, il suo corpo è ricoperto da un’armatura nera che avvolge lentamente anche la sua spada.

-L’Ultimo Cavaliere. La fine della maledetta dinastia della Lama d’Ebano è arrivata – conclude, avventandosi contro Carol.

 

CONTINUA

 

Nel prossimo numero: Nasci o muori

 

 

 

 

 

 

NOTE

 

[1] Nel numero 1

 

[2] Negli ultimi due numeri, se non avete fatto attenzione

 

[3] Durante le avventure del primo Capitan Marvel

 

[4] Come minimo, i suoi due figli Ciclope ed Havok degli X-Men